
ARTI CAVALLERESCHE VS ARTI MARZIALI
Marte, dio della guerra dei romani, da cui è fatto discendere il termine “martial arts” dagli americani,
è il simbolo del sacro romano impero e del suo imperialismo fondato sulla feroce dominazione dei popoli.
Uno stupratore, che alimenta il mito della forza maschile intesa come dominazione violenta, assoggetamento del prossimo.
Per gli Usa un simbolo calzante, che ben si adatta alla storia di quel paese dalle origini ad oggi senza soluzione di continuità!
Ma il simbolismo legato a Marte è anche la negazione del significato profondo delle nostre pratiche.
Del resto “arte” e “marziale” sono termini antitetici, a meno che non si intenda per espressione artistica una marcetta militare con
tanto di fanfare e sbatter di tacchi!
Cosa non impossibile in una italietta che ha delegato una presunta “emergenza sanitaria” a un generale e che ha militarizzato la
società nel complesso dichiarando un’assurda “guerra ad un virus” mentre ha continuato a devastare la sanità pubblica.
Follia degli stravolgimenti semantici, e di senso!
Nello stesso ideogramma che sta per Wushu (kungfu è un’ altra americanata, termine generico che indica il possesso di “abilità”in
un ambito qualsiasi) abbiamo una mano che ferma un’ alabarda: opporsi alla guerra, per estensione all’ ingiustizia, quando
possibile senza ricorrere alla forza: questo il significato profondo cui facciamo riferimento.
Si aggiunga a ciò il significato del saluto palmo e pugno: “tra i quattro mari tutti i popoli sono fratelli”.
La pratica abbatte le divisioni, si basa al contrario su un qualcosa di condiviso a livello molto profondo: “da pelle a pelle, da cuore
a cuore, da spirito a spirito” come afferma il Daoshi della scuola San Yi Quan Georges Charles.
Un tipo di unione concreta e sottile che va molto oltre a quel che si sperimenta in una dimensione sportiva dunque.
Yishi era il sentimento di fratellanza che univa i compagni d’ arme dell’ antica Cina impegnati a resistere alla dominazione
coloniale straniera, molto spesso confratenite dedite all’arte del pugno che si riconoscevano tra loro attravero il rituale del saluto.
Rettitudine, Integrità, Fratellanza, Resistenza contro le ingiustizie sono le qualità essenziali di chi si rifà a queste pratiche: ARTI
CAVALLERESCHE, anti marziali quanto antitetiche all’ oppressione, alla distruttività della guerra, a tutto ciò che restringe o
soffoca la LIBERTÀ a livello individuale e collettivo.
Un praticante affronta con metodo, rigore, disciplina e benevolenza anzitutto le prorie catene personali, costituite dai suoi
condizionamenti, traumi, vicende esistenziali.
Prendere distanza consapevole da questo livello di “oppressione interna”fa la differenza tra vivere scegliendo o sopravvivere re-
agendo in modo sempre uguale e prevedibile, vittima di se stessi.
E’ la libertà dello spirito: libertà incoercibile esternamente, sempre da riconquistare internamente: semper incipit.
Senza questo passaggio, qualsiasi anelito a società migliori diventa un miraggio intellettualistico di individui perennemente egoici,
alienati e dis-integrati.
Consapevolezza delle proprie tare psichiche ed evoluzione spiriituale sono inscindibili, ed entrambe sono il presupposto per
affrontare un discorso di cambiamento sociale e politico che sopravviva alle macerie fumanti e irrecuperapibili delle espeienze
novecentesche che abbiano osato l’assalto al cielo del cambiamento radicale.
Un cavaliere dei tempi moderni è anzi tutto un paladino della Libertà, dotato della forza e dell’enorme coraggio a ciò necessari.
Per quanto la parte individuale sia la sola base che dia gambe per camminare al discorso collettivo, il viaggio del Cavaliere non è
affatto solitario e solipsistico: egli costruisce relazioni degne con altre persone integre, ovunque si trovi,.ispirato da grandi
sentimenti di umanità e giustizia che sono una barriera impentetrabile, ad ogni piano, per il cosiddetto “transumanesimo”
I cavalieri erigono ovunque operino CASEMATTE DI FELICITA’ E RESISTENZA ALL’OMOLOGAZIONE ad un sistema che
impone vite misere, in cui l’unica libertà concessa è sceglòiere di essere schiavi, malaticci, terrorizzati come conigli, ipocondriaci,
divisi e avvelenati nell’animo.
Barra a dritta, senza mai voltarsi indietro, senza nostalgie per tutto ciò che del vecchio mondo è andato inesorabilmente perso.